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Cosa devo fare se ho una relazione con un abusatore?

Cominciamo con la cosa più importante. La risposta a questa domanda è piuttosto ovvia e breve, perché non esistono le mezze misure dove c’è violenza.

Ma proviamo a parlarne in maniera più dettagliata.

Se è presente aggressività fisica, in altre parole, vieni picchiata, presa a calci, spinta…puoi fare solo una cosa. Devi andartene.

Possiamo anche dire “scappare”, perché la procrastinazione può costarti cara. Non sarà di nessun aiuto parlare, ammonire o supplicare. Certo, puoi fare un paio di tentativi per assicurartene…ma ne vale la pena?

Se una persona spacca gli oggetti, colpisce il muro, rompe una finestra (specchio, stoviglie, telefono), rompe e lancia le tue cose…devi andartene. Prima di tutto, perché è un’avvisaglia di aggressione fisica e nella maggior parte dei casi, ci si arriva presto. Non è sicuro stare vicino a questa persona. Se una persona si mostra pericolosa in relazione a te o ai bambini, è meglio andarsene. Cosa rientra nel concetto di “insicurezza”? È più facile da sentire che da spiegare. Se ti senti insicura, se tu o i tuoi figli siete minacciati, ricattati o intimiditi (anche se non vi picchiano ancora), la risposta è la stessa, perché non può venir fuori nulla di buono da una relazione fondata sulla paura.

La sicurezza è, generalmente, il concetto principale quando si interagisce con qualcuno. È impossibile amare, fidarsi, rilassarsi, fare sesso con qualcuno che è una minaccia. Non ci sarà gioia, ma solo ansia, difficoltà e traumi psicologici. È interessante notare che la sensazione di pericolo e sicurezza non dipende da quanto tempo conosci una persona. A volte, anche il sesso con uno sconosciuto può essere molto sicuro, mentre l’intimità con qualcuno che godeva nell’umiliarti e nell’insultarti solo un paio d’ore fa viene annullata  dalla paura dentro di te.

Se il soggetto ti sta dicendo che si farà del male (“Se te ne vai, mi impicco!”, “Se non fai ciò che voglio, mi sparo”, “Mi ucciderò a causa tua”,…), la scelta migliore è quella di andarsene. L’auto-aggressività è sempre aggressività, condita da qualche ricatto. Un’atmosfera simile non può mai essere sicura. Molte persone sono trattenute nell’andar via dalla paura che il partner faccia qualcosa. Tuttavia, dopo un anno nessuno di loro è felice di essere rimasto.

Ricorda quanto segue: non sei responsabile della vita di qualcun altro e non puoi controllare i disturbi mentali di qualcun altro. Devi salvarti. In una relazione in cui vieni ricattato, sei sottoposto a stress estremo e pressione emotiva ed è pericoloso restarci.

La cosa più importante, in questo caso, è uscire dallo schema della vittima.

Avvertenza: il fatto che tu abbia una relazione violenta non significa che sia colpa tua! Non è colpa di una persona se subisce violenza (fisica o mentale). Insistiamo su questo! Tuttavia, colpevolizzare la vittima in questi casi è fare come Ercole contro l’Idra durante la sua seconda fatica. Si taglia una testa solo per vederne crescere altre due al suo posto.

La colpevolizzazione della vittima è un fenomeno in cui la vittima di un crimine, di un incidente o di una violenza è ritenuta responsabile di ciò che è accaduto. Ecco alcuni esempi: “Che bisogno c’era di indossare una gonna corta!”, “Perché non lo ha lasciato?”, “Lo ha voluto lei!”.

Tuttavia, la strategia della vittima è un grosso problema (non colpa, ma pericolo!), quindi è necessario uscirne. Soddisfare tutti i capricci del partner, subire le sue umiliazioni, sentirsi schiacciata, debole e violata…tutti questi elementi sono punti chiave del comportamento della vittima. Di conseguenza, è importante imparare il comportamento opposto:

  • Non cedere riguardo i tuoi confini. Il messaggio principale che le tue parole e le tue azioni dovrebbero trasmettere è il seguente: “Non puoi trattarmi così!”. Continuando a “ingoiare” le offese e a sperare in un miracolo, pensando che cambierà tutto e che andrà tutto bene, invierai un segnale a quella persona che nulla deve cambiare. Gli permetti di continuare con le sue solite azioni.
  • Non temere che il tuo partner ti dica che sei “cattiva”, non avere paura del suo dispiacere, non avere timore di non corrispondere al ruolo che ha predisposto per te. Questa è una cosa difficile, perché negli ultimi mesi (o, piuttosto, negli ultimi anni), si è creata l’abitudine di dover piacere, di essere obbediente, di giocare secondo le regole. Tuttavia, davvero ne hai ricavato qualcosa? Sai quanto si arrabbiano i membri della famiglia quando uno di loro, il più sottomesso, inizia ad andare da uno psicologo? L’accusa più comune è: “Sei così cambiato! Sei maleducato e sgradevole adesso!”. Riesci a indovinare perché? Hai appena smesso di essere “accomodante”. I confini sono stati ricostruiti, il che è molto scomodo per i tiranni domestici.
  • Sviluppare resistenza ai trigger manipolativi (abbiamo una striscia di fumetti su questo argomento, assicurati di leggerla) e non assecondarli mai.
  • Avere un piano di salvataggio nel caso in cui la situazione evolva in maniera molto negativa (a chi rivolgersi, chi può aiutarci e così via).

La cosa più importante è la seguente: l’abusatore non può cambiare. Dargli “un’altra possibilità” è togliersi un’ulteriore possibilità per vivere una vita serena. A volte, per vivere la vita in generale. Puoi provare a ricostruire i confini solo quando non c’è violenza fisica. È possibile solo quando non vieni picchiata o umiliata; altrimenti, c’è solo una via d’uscita.

Devi andartene…